LA DIMENSIONE DI CERSOSIMO – ALDO GERBINO
Abbiamo spesso ribadito la necessità di ricreare un rapporto costante ed eugenetico tra scultura, ambiente urbano e necessità spirituale. Ritornano sempre attuali le dinamiche culturali originatesi fin dalla fine degli anni Sessanta.
La fascinazione, infatti, sempre attuale, della perfusione tra spazio visivo della città e ambiente, risulta ancorato ad un fitto reticolo di problematiche già da tempo entrato, a partire proprio da quegli anni, nell’ambito di una crisi ideale e progettuale.
Argan ricordava, proprio in quel tempo, come Gaston Bachelard abbia sottolineato che «le nostre idee di spazio più che dalla geometria e dalla prospettiva, dipendono dall’esperienza vissuta nella casa della prima infanzia, nelle varie case in cui siamo successivamente passati, costituendo ciascuna di loro un po’ come un mondo diverso in cui ci siamo mossi».
Se noi riflettiamo sulla nozione di città che portiamo dentro di noi, ci rendiamo conto che questa è per tutti diversa, è il risultato di un’esperienza vissuta, in parte anche ancestrale ed inconscia, la quale però o si realizza e chiarisce nell’esistenza collettiva o viene repressa, inibita e finisce col costituire un elemento di dissociazione sociale.
Peraltro, sul dibattito ancora irrisolto di spazio/immagine («Landscapè», «Townscape», «Inscapè»), Lara Vinca Masini ritornava sul concetto di icona urbana vista come codice non più «fisso» e «precostituito».
«Si va configurando» – scriveva – secondo un tipo di orientamento, secondo un metodo di programmazione aperta, che ne venga a costituire una sorta di «ordito», di «campo di accadimenti» del tutto aperto e disponibile.
Così Cersosimo, in quel suo ormai necessario verticalismo, portato all’esasperazione, all’essenzializzazione continua, pertinace sia nei legni, nei marmi o nella levigata lucentezza del bronzo, rivela d’impatto quel suo eclettismo, principalmente affidato alla cifra fabrile, al cuore stesso del manufatto. Conduce, poi, sempre fortemente ancorato alla lezione classica, l’oggetto scultoreo, dalla sua dimensione sospesa tra il sentire del tempo, proprio della cultura del Sud, all’azione sociale e all’impegno civile.
Allora, da Passione a Confidenze e ad Attesa, la figura si attesta quale aria di comunicazione, empatica dimensione contesa tra corporeità e astrazione emotiva.
Aldo Gerbino