LA MATERIALIZZAZIONE DI UNO STATO D’ANIMO – FABRIZIO CARBONE
Chi è l’artista? E’ colui che riesce a trasformare una materia deforme e senza vita in una creatura con un’anima propria in cui rispecchiare parte della propria esistenza!
Quando si entra, sempre in punta di piedi, nel laboratorio di un artista, ci si fionda in un instante nella sua vita più intima, il luogo dove le idee si materializzano in opere straordinarie, siano esse sculture, quadri, lastre. Si viene abbracciati da ogni singolo spillo che fa parte dell’arredo semplice e quanto mai zeppo di strumenti, tavoli da disegno, pennelli, tele, colori. Così come si viene abbracciati dalle opere del Maestro Antonio Cersosimo, opere uniche, stile inconfondibile, una sinuosità ionica che esplode in ogni curva, una leggerezza di movimenti difficile da immaginare solo come elementi statici.
Durante una chiacchierata piacevolissima, quasi confidenziale, così come si fa tra vecchi amici, perché a mettersi a proprio agio con il maestro Antonio ci si mette pochissimo, la sua ospitalità e cortesia si potrebbero dire proverbiali, ho visto nascere due opere su lastra, raccontate anche dal corredo fotografico di questo articolo. Una penna d’acciaio, due lastre di metallo e la sua mano che sicura e decisa comincia a materializzare quell’idea di donne e di comunità che è già nitida nella sua testa prima ancora di preparare il materiale.
In breve tempo da un pezzo di metallo, liscio e insignificante, nascono figure sinuose ed eleganti, con un filo conduttore tra la mente e la penna che sembra poco avere a che fare con l’immagine che sta nascendo, invece ne è parte fondamentale: il tempo!
Tempo che diventa quasi un tiranno per il Maestro Antonio, sempre presente nei suoi discorsi, sempre fondamentale per le sue realizzazioni. Quando crea le sue opere, i secondi, i minuti, le ore, si fermano in un tempo indefinito, che scorre veloce solo per il resto del mondo, per lui invece è bolla d’aria che lo ingloba, da cui prendere la forza per concentrare decine d’anni d’esperienza riversandole, attraverso le sue mani, in quello che crea.
Decine le opere importanti e di rilievo che i Comuni Italiani ospitano nelle loro piazze, anche il Comune di Crotone ne vanta una “Monumento ai caduti sul lavoro” nella piazzetta di via Venezia davanti alla Scuola Media Giovanni XXXIII. Ma la sua Opera principe, o come la definisce lui “il dramma”, non è ancora realtà, ma è ben chiara sulla carta e nella sua testa, vorrebbe realizzarla proprio nella città di Pitagora: “I Pitagorici”. Non un segno tangibile del filosofo di Samo nella piazza crotonese, se non una scultura, realizzata con mezzi meccanici e automatici, nascosta in un angolo poco in vista, che i più faticano a riconoscere come rappresentativa del grande Pitagora. Ho avuto il piacere di vedere le immagini del progetto, ambizioso, monumentale, un segno distintivo che caratterizzerebbe per sempre la piazza principale della città, dedicata a Pitagora solo nominalmente. Settecento quintali del materiale più prezioso per uno scultore, il marmo di Carrara. Settecento quintali che andranno sbriciolati, polverizzati, modellati, rifiniti, in quel “dramma” che lo scultore vivrà nel periodo di realizzazione, in cui la notte e il giorno si fonderanno in un’unica ossessione: “I Pitagorici”.
I disegni sono già pronti, ne riparleremo ancora più approfonditamente, per ora resta “il progetto” di un artista apprezzato in tutto il mondo il cui intento è quello di suscitare interesse per la cultura millenaria della nostra città, con la forza espressiva ed evocativa del marmo, materiale sempre eterno.
Fabrizio Carbone